Giambattista Vico 

Nacque a Napoli nel 1668, figlio di un povero libraio padre di otto figli, frequentò poco le scuole dove

Giambattista Vico

riuscì sempre, con il suo vivo ingegno, a precorrere lo svolgimento dei programmi e ad essere maturo prima della fine del corso.
Più che seguire le scuole dei Gesuiti, il Vico si formò da solo una vasta e solida cultura, tanto che presto si iscrisse all'Università di Napoli dove studiò giurisprudenza. In questo periodo si diede ad interpretare linguisticamente i termini giuridici. Colpito dalla tisi, ebbe la fortuna di incontrare monsignor Rocca, vescovo di Ischia, il quale, ammirato del suo sapere giuridico, lo volle come precettore dei suoi nipoti nel castello di Vatolla, nel Cilento, dal 1686 al 1695. Nel castello trovò una ricca biblioteca dove poté approfondire i suoi studi; lesse Platone, Bacone e Tacito, si accostò alla lingua latina e conobbe a fondo Cicerone. In questo periodo, dalle sue prime riflessioni filosofiche, nacque la sua avversione al cartesianesimo che in nessuna occasione tralasciò di combattere. Tornato a Napoli visse da straniero in patria perché uomo appartato e solitario e lontano dallo spirito settario che animava gli intellettuali del tempo della sua città. Nel 1698 ottenne la cattedra di retorica all'Università di Napoli e, per vivere, impartì lezioni private. Dalle meditazioni su Tacito e Bacone gli venne la prima idea della "Scienza Nuova". Da allora si dedicò agli studi filologici, storici e filosofici, vivendo tra ogni sorta di ristrettezza e di contrarietà. Gran pensiero gli dava la famiglia numerosa, grande amarezza gli arrecava l'indifferenza o l'invidia dei suoi contemporanei, che negavano ogni valore al suo pensiero; un cancro alla gola, negli ultimi anni, gli rese tormentosa l'esistenza. Tuttavia, quando Carlo III di Borbone salì al trono, venne nominato storiografo di corte ed ebbe in proprietà la cattedra di retorica nella quale gli successe, poi, il figlio Gennaro. Morì nella sua città mentre stava curando la terza edizione della "Scienza Nuova". Con quest'opera egli iniziò la filosofia della storia. Vico contrappone il suo storicismo all'astratto razionalismo cartesiano: il mondo dello spirito umano, cioè del progredire dell'uomo, è l'unica realtà che l'uomo può conoscere. Vico individua tre età successive attraverso cui passano i popoli: l'età degli dei, in cui prevale io senso; degli eroi, in cui prevale la fantasia e degli uomini in cui prevale la ragione. Egli nota, inoltre, che le fasi di questo processo si ripetono ritmicamente attraverso un ciclo di corsi e ricorsi per cui quando l'ultima delle tre fasi si conclude si ricomincia dalla prima.