Gian Lorenzo Bernini
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Nato a Napoli nel 1598,
morto a Roma nel 1680.
Fu architetto, pittore, poeta, scenografo, scultore. I suoi maestri furono i
modelli classici che studiò con passione e che ripropose con quella linea
nervosa e magnifica che lo rese un caposcuola fondamentale. Cominciò a lavorare
a 15 anni con il padre, ma le prime opere gli furono commissionate dal
cardinale Scipione
Borghese, la decorazione
della sua villa al Pincio
(oggi Villa Borghese)
e il " David " nel 1619, opere con le quali il Bernini
cominciò ad esprimere la nuova formula barocca che si svincola dal modello
manierista. Seguirà nel 1621-22 il gruppo di " Apollo e Dafne
", dove la ricerca del movimento si accentua e perfeziona indicando già
uno stile espressivo completamente raggiunto.
Appassionato studioso dell'architettura classica, il Bernini
tenterà una felicissima sintesi fra scultura e architettura nel " Baldacchino
di S. Pietro " commissionatogli da papa Urbano
VIII nel 1624. Nel
concepire l'immenso ciborio che pure si slancia nella forma tortile delle
colonne "fiorite", l'artista non tenne conto delle dimensioni
umane rapportando, come altri avevano proposto, l'opera all'uomo, ma tenne conto
soltanto dell'immenso spazio michelangiolesco dove la zona dell'altare doveva
inserirsi con tutta la potenza e la grandezza possibile. Il Maderno
fu il primo maestro di architettura del Bernini,
ma la sua importanza fu decisamente ridimensionata dal geniale allievo già nel
rifacimento della chiesa di S. Bibiana
nel 1625. Dell'anno successivo è la scenografica e notissima fontana di Piazza
di Spagna detta la "Barcaccia", che alcuni storici
attribuiscono al padre Pietro, ma la
forza spaziale e teatrale della grande barca marmorea non si può concepire se
non come opera di Gian
Lorenzo, tenendo conto
anche del diverso rigore espressivo caro a Pietro Bernini
e testimoniato in tutte le sue opere. Bisogna tener presente che in quegli anni
operava a Roma l'altro grande architetto barocco, il ticinese Borromini,
che sicuramente interpretò ancora più liberamente la nuova formula "attorta"
dell'architettura secentesca. Infatti si deve dire che Bernini
conservò sempre un profondo respiro classico come architetto, mentre è come
scultore che esprime il più forte "barocco" plastico del suo
tempo. Fu considerato da Urbano VIII ormai
l'artista ufficiale della corte papale ed in particolare stimato dalla famiglia Barberini
che legò il suo nome a tante realizzazioni nuove. Onori ed incarichi a questo
punto non mancarono. Nel 1629 muore il Maderno
e Bernini
e Borromini
sono chiamati a completare il palazzo Barberini
in una gara esaltante e di grande interesse per gli storici dell'arte che
possono riconoscere nella grande realizzazione barocca i diversi stili e
soprattutto l'opposta personalità dei due grandi architetti. Nel 1643
muore papa Urbano
e la fortuna dei Barberini
subisce un declino; anche il Bernini
così legato a quella famiglia accusa un evidente calo di tono. E' comunque del 1646
il suo capolavoro scultoreo, quella " Estasi di S. Teresa "
nella cappella
Cornaro, in S. Maria della Vittoria, dove lo stupefacente mestiere dell'artista, che tratta
il marmo come se fosse duttile creta, incarna con elegantissima ironia tutto
l'equivoco religioso voluto dai gesuiti, che imponeva opere belle e teatrali per
attirare in chiesa le masse dei fedeli turbati dalla "riforma".
Questa
foga controriformista trova nell'opera di Bernini
tutta la carica espressiva di una sensuale ironia partenopea che ripropone il
malizioso "Cupido" nell'angelo armato di freccia ed un "estasi"
del tutto carnale nel bel volto riverso della santa spagnola che effettivamente
di sacra sensualità ne aveva espressa molta nei suoi vigorosi scritti.
Capolavoro della tecnica scultorea barocca, questo gruppo marmoreo, sospeso
quasi a mezz'aria e vivificato dall'alto della sua fonte luminosa, ancora
affascina e turba e più e meglio di ogni altra cosa, esprime l'inquietudine del
Seicento romano. Una anno prima della morte del papa, Bernini
aveva già messo mano alla tomba monumentale che resterà altro esempio
fondamentale dell'arte funeraria seicentesca. Bernini
fu anche appassionato autore di fontane. Da quella dei fiumi di Piazza
Navona, per la quale
si avvalse dell'opera di molti collaboratori, a quella del "Tritone".
sarà sotto il pontificato di Alessandro
VI che Gian
Lorenzo Bernini compirà
il suo capolavoro architettonico: lo splendido emiciclo di Piazza S. Pietro
che chiude finalmente quel grande progetto urbanistico con l'abbraccio simbolico
del grande colonnato che conclude ed esalta l'opera michelangiolesca per la
basilica romana. Dieci anni durò la costruzione della grande piazza, in
rigoroso stile classicheggiante che di barocco ha soltanto la geniale soluzione
ellittica che riesce ad esaltare anche la tozza facciata del Maderno,
fondendo in una felicissima linea compositiva le varie e a volte discontinue
parti del S. Pietro
che, dopo la morte di Michelangelo,
aveva usufruito dell'opera dei continuatori non sempre rigorosamente fedeli
all'impostazione del maestro. Bernini,
ormai nella piena maturità, mantiene una vastissima attività spaziando, da
maestro accettato e stimato, in tutte e tre le espressioni fondamentali
dell'arte (pittura, scultura e architettura) alle quali si accomuna sempre la
sua attività di scrittore di opere teatrali (fu anche vivace e fecondo
scenografo) e di poeta, esprimendo al meglio quella ricchezza "napoletana"
che aveva per nascita. Soltanto la paralisi che lo colpì, stroncandolo più che
ottantenne nel 1680, potette fermare quella possente "macchina"
artistica che lasciava, comunque, una validissima scuola che ne continuerà le
formule e le invenzioni anche per tutto il secolo successivo.