Grotta di Seiano e
il Parco Archeologico della Villa imperiale Pausilypon

Immagini



Ingresso su 

 via Coroglio


Grotta di Seiano: 

Strutture di consolidamento


Scorcio di mare dal 

 Parco Archeologico
 
 


Grotta di Seiano:
 tratto verso la discesa di Gaiola

   

Area dei teatri vista dalla
 summa cavea del teatro


La storia

A partire dall'età repubblicana e per tutto il periodo dell'Impero l'area costiera del golfo di Napoli e dei Campi Flegrei fu interessata dall'insediamento di numerose ville, appartenenti per lo più a grandi esponenti dell'aristocrazia, della politica e della finanza del tempo. L'amenità dei luoghi, il clima mite, la presenza di fonti idrotermali, il fascino ereditato dalle antiche tradizioni greche e dai nuovi miti proposti dall'Eneide di Virgilio, furono alcuni dei fattori che fecero sì che tali luoghi fossero tra i più ricercati e che in breve tempo diventassero i più lussuosi e celebri del mondo romano; certo anche gli interessi economici offerti dalla zona per la presenza del grande centro commerciale e finanziario di Pozzuoli indussero senatori e ricchi cavalieri a porre ivi le loro dimore. Da Capo Ateneo a Capo Miseno una serie numerosa di ville lussuose sorse sulle coste: Mario, Silla, Crasso, Pompeo, Cesare, Bruto, Ortensio, Lucullo, Cicerone e altri famosi personaggi ebbero tutti proprietà nella zona. In questi luoghi la vita si svolgeva tra raffinatezze e mondanità, ma anche, per chi lo preferiva, in dotte conversazioni con alcuni esponenti della cultura e della filosofia greca, che si era ormai diffusa tra la classe dirigente romana. E spesso in queste grandi dimore furono prese decisioni politiche di fondamentale importanza per il corso della storia, ad esempio nella sua villa di Nisida, Bruto aderì con Cassio alla congiura contro Cesare. Con l'avvento dell'impero, l'acquisizione al demanio imperiale di alcune di tali ville trasformate in residenze dove l'imperatore andava a soggiornare, conferì maggiore prestigio e lustro alle aree del golfo di Napoli, che diventarono ancora più frequentate. E si gareggiava continuamente tra i ricchi proprietari per lusso e ricercatezza: ingenti somme venivano profuse per l'ornamento delle sontuose dimore con statue, marmi, oggetti rari reperiti sui mercati della Grecia e dell' Oriente, mentre ardite soluzioni architettoniche venivano proposte nelle costruzioni e negli impianti, come ad esempio per la costruzione di gigantesche peschiere nella villa di Lucullo a Napoli, per realizzare le quali si tagliò addirittura una parte della collina di Pizzofalcone. Tra le ville diventate poi dimore imperiali certamente il Pausilypon è quella di cui restano le più significative testimonianze: essa si estendeva sulle pendici della collina, in uno dei punti più suggestivi della costa napoletana, tra la baia di Trentaremi, le isole della Gaiola, le cale di San Francesco e dei lampi, fino a Marechiaro. Il complesso apparteneva al ricco cavaliere Publio Vedio Pollione, importante personaggio politico all'epoca di Augusto.

  Publio Vedio Pollione

Come è noto dalle fonti, Publio Vedio Pollione fu uno degli uomini più ricchi della tarda repubblica, che da origini libertine (i Vedii erano una famiglia già facoltosa di Benevento), riuscì a raggiungere il rango di equestre e, nel periodo di confusione successivo alla battaglia di Azio, ad assumere, benché solo cavaliere, il governo dell' Asia, una delle più ricche province romane, prima che fosse istituito il normale posto di proconsole di rango senatorio. La sua cattiva nomea che risale a Cicerone, il quale, dopo un incontro con lui in Cilicia, affermò 'nunquam vidi hominem nequiorem' ('mai ho visto un uomo più iniquo'), fu arricchita anche da alcuni episodi scandalosi: nel suo bagaglio, finito in mani diverse dalle sue a causa della morte del liberto cui era stato affidato, furono trovati cinque medaglioni dipinti, con i ritratti di altrettante signore della migliore società di Roma, che gli avevano incautamente donato tali pegni d'amore. Anche se dopo il governo d'Asia non ricoprì alcuna magistratura, Pollione per tutta la vita restò partigiano fedele di Augusto, in onore del quale, come aveva fatto già in Asia, a Tralles, fece costruire a Benevento, sua città natale, un tempio, il Cesareo. Ma Augusto, dopo Azio, aveva dato inizio a un nuovo modello culturale e politico, propugnando il ritorno agli ideali antichi: Vedio Pollione, ultimo superstite dei grandi piscinarii della generazione precedente, con le sue ricchezze ammucchiate più o meno lecitamente, con il lusso delle sue dimore, con una fama così cattiva, costituiva ormai un peso imbarazzante per l'imperatore. L'occasione per ristabilire le distanze con Pollione avvenne proprio nella villa Pausilypon: come ci viene riferito da Cassio Dione, Seneca e Plinio, il coppiere di Pollione aveva rotto un prezioso calice murrino e il padrone aveva dato ordine di gettarlo in pasto alle murene che venivano allevate nelle peschiere della villa. Augusto intervenne decisamente, non solo salvando la vita allo schiavo, ma anche ordinando di infrangere l'intera collezione di vetri preziosi sotto gli occhi di Pollione. La rottura non valse tuttavia a cancellare del tutto la macchia di questo antico legame, che, secondo quanto riporta Tacito, alla morte dell'imperatore veniva ancora rimproverato ad Augusto, sebbene questi avesse continuato a prendere le distanze. Quando infatti nel 15 a.C. Vedio Pollione morì lasciandolo erede dei suoi immensi beni, con la clausola che gli fosse eretto a spese pubbliche un monumento funerario, Augusto non consentì su questo punto; anzi fece radere al suolo il suo magnifico palazzo, ora suo, che Pollione aveva eretto sull' Esquilino, in cui nel 22 a.C. erano stati accolti i principi giudei Alessandro e Aristobulo, figli di Erode, e vi costruì sopra un edificio pubblico, il Portico di Livia.

La villa Imperiale

Alla morte di Vedio Pollione, come si è detto, il Pausilypon entrò a far parte del demanio imperiale: il primitivo nucleo fu ampliato e adeguato alle nuove funzioni di residenza imperiale.
Pur nell'incompleta conoscenza che ne abbiamo, il complesso napoletano resta uno degli esempi più straordinari di ville di otium che ci sia pervenuto. Si tratta di uno dei primi esempi di villa costruita adeguando l'architettura alla natura dei luoghi, disponendo di varie funzioni residenziali, di accoglienza, ludiche, termali, non più in un unico edificio, bensì in vari nuclei disposti scenograficamente in tutti gli spazi di un paesaggio stupendo. Un modello che aveva i suoi precedenti nei Campi Flegrei e a Capri, e che ebbe poi seguito con grandiose realizzazioni in altre ville imperiali, come ad esempio la villa Adriana di Tivoli.
La storia del complesso proseguì nel tempo, per tutto il periodo dell'impero fino ad epoca tardo antica, allorché il sito decadde e fu abbandonato. Il complesso doveva essere amministrato da procuratori, come attestato da alcune epigrafi.
Ancora nel II secolo d.C. il complesso era di proprietà imperiale, come attestato da un tubo di piombo recante un'iscrizione col nome dell'imperatore Adriano, ritrovato nelle cosiddette Terme Superiori.
Con la decadenza dell'impero il luogo fu abbandonato e le imponenti strutture della villa scomparvero ricoperte dalla vegetazione e dal terreno, mentre gli edifici sul mare sprofondarono in acqua a causa dei fenomeni di bradisismo; restò di esse solo il ricordo dei toponimi Mons Posillipensis, Villa Posilipi, Casale Posilipi.
Bisognerà aspettare i secoli XV-XVII perché l'area sia di nuovo significativamente popolata allorché, ripristinata la sicurezza delle coste dagli attacchi dei pirati saraceni, la bellezza dei luoghi indusse molti signori napoletani e stranieri a porre di nuovo le loro residenze a Posillipo: ed è allora che cominciarono ad essere osservati e menzionati da alcuni studiosi, come il Pontano e Fabio Giordano, gli avanzi dell'antica villa. Dalla seconda metà del XVIII secolo l'area comincia ad essere visitata da studiosi come il Winckelmann, e alcuni dei ruderi, specialmente quelli visibili dal mare, come la cosiddetta Scuola di Virgilio, sono rilevati e riprodotti in splendide acqueforti. Fu solo nel 1820 che l'antiquario Guglielmo Bechi diede inizio a scavi nella zona; seguì nel 1840 il ritrovamento, durante la realizzazione di una nuova strada di Posillipo, dell'imboccatura orientale della cosiddetta Grotta di Seiano e il ripristino della galleria voluto dal re Ferdinando II. Nel 1841 scavi più sistematici vennero intrapresi, furono così messi in luce alcuni dei più significativi edifici del complesso, come il teatro, l'odeon, il cosiddetto Tempio, per la maggior parte tuttora visibili e recuperati importanti reperti come la statua delle Nereidi su pistrice, acquistata dal  Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Sul terrazzamento più alto, in una zona sovrastante la baia di Trentaremi, si estendeva la pars publica del complesso residenziale, caratterizzata soprattutto da due edifici per spettacoli, un teatro e un odeion, che indicano come la villa, divenuta dimora imperiale, fosse stata concepita come una piccola città.
L'edificio che più degli altri colpisce il visitatore è il teatro, la cui tipologia è piuttosto singolare, anzi costituisce un unicum. Fu costruito sfruttando il pendio naturale della collina secondo una tecnica costruttiva tipica dei greci, con la cavea aperta verso sud. la capienza del teatro è stata calcolata in circa duemila posti. L'orchestra, del diametro di circa 11 metri, doveva essere in origine pavimentata in marmo. dal centro di essa si diparte verso l' odeion una grande vasca; si tratta di una grande natatio con fontana, in origine adorna di marmi, destinata forse a quegli spettacoli coreografici nell'acqua, che si diffusero nel mondo romano soprattutto nel periodo tardo-antico. Sul lato occidentale del teatro sorgono i resti di un edificio a pianta rettangolare con un lato breve arcuato. Identificato tradizionalmente con un ninfeo, potrebbe anche trattarsi, considerata la funzione degli altri edifici e la consolidata tradizione di gare atletiche che si svolgevano sia a Neapolis che a Puteoli, di un piccolo stadio.
Circa 45 metri a sud del teatro, a picco sulla baia di Trentaremi, sorge l' odeion, ovvero un theatrum tectum destinato ad audizioni di poesia, di retorica o di musica.

La grotta di Seiano

Il complesso del Pausilypon aveva un grandioso e monumentale accesso con la Grotta di Seiano, detta così perché, forse, fatta costruire da Seiano, il celebre ministro di Tiberio. Si tratta di una galleria artificiale che, traforando la collina di Posillipo, congiunge Coroglio con il vallone della Gaiola. La lunghezza del traforo è di circa 770 metri con una sagoma variabile sia in altezza che in larghezza. Tre cunicoli secondari si aprono sul lato sud della galleria, fornendo luce e aerazione.
Si tratta di un'opera grandiosa, come le altre simili che furono realizzate tra la fine della repubblica e la prima età imperiale per sistemare la viabilità in tutta la zona napoletana-flegrea, come la Crypta Neapolitana tra Fuorigrotta e Piedigrotta e il traforo tra Cuma e il lago d'Averno, le cui progettazioni sono attribuite al grande architetto Cocceio, e che dimostrano le grandi capacità costruttive e progettuali e le tecniche avanzate di rilevamento e misurazione raggiunte dall'ingegneria romana.
Il ritrovamento della galleria, di cui dopo il XVI secolo si era perso il ricordo, avvenne nel maggio del 1840 nel corso del tracciamento di una strada che poi non fu più realizzata. Il re Ferdinando II di Borbone diede subito ordine di riattivare l'antico passaggio e i lavori, lunghi, difficili e pericolosi a causa delle frane e dell'esalazione di gas mefitici furono portati a termine nel 1841.
Da allora la Grotta di Seiano fu inclusa negli itinerari frequentati dai turisti colti in visita a Napoli.
Gli eventi bellici della seconda guerra mondiale diedero un pesante colpo alla conservazione del monumento: l'area archeologica fu sequestrata dai comandi militari e adibita a rifugio per gli abitanti della zona industriale di Bagnoli, soggetta per lunghi giorni ai pesanti bombardamenti delle truppe alleate.
Dopo tale utilizzo improprio e la caduta negli anni Cinquanta di alcune frane che ne ostruirono in parte gli ingressi, per il monumento ci fu di nuovo un lungo periodo, quasi un trentennio, di abbandono e di oblio terminati con i lavori fatti in occasione del vertice dei G7 che ci hanno permesso di poter visitare questi splendidi luoghi.