Salvatore Di Giacomo
Nacque
a Napoli il 13 marzo 1860.
Dopo la licenza liceale fu avviato, probabilmente dal padre medico, agli studi
di medicina, ma abbandonò l'università al terzo anno, dopo aver assistito ad
una lezione di anatomia, come racconta egli stesso, in una famosissima pagina
autobiografica.
Cominciò a collaborare, quindi al " Corriere del Mattino ", e
poi, come poeta, narratore e giornalista al " Pungolo ", al
" Corriere di Napoli " e ad altri quotidiani e riviste del
tempo. Si impiegò, poi, come bibliotecario, alla Biblioteca
nazionale di Napoli,
presso la sezione Lucchesi-Palli,
della quale divenne direttore nel 1903.
La sua prima raccolta di poesie, " Sonetti ", contenente dodici
composizioni, viene pubblicata nel 1884 per l'editore Tocco.
Del 1885 sono le due forse più celebri canzoni : " Era de maggio ", musicata da
Mario
Costa e " Marechiare
" per la musica di Francesco
Paolo Tosti. " Ariette
e sunette ", il libro di liriche che doveva cominciare a dargli la
notorietà nazionale e attirare l'attenzione dei critici, fu stampato per la
prima volta dall'editore Pierro nel 1898.
Sue poesie verranno poi tradotte negli anni successivi in tedesco, in francese,
in inglese e in spagnolo. Di Giacomo
fu anche autore di novelle, saggi e opere teatrali, fra le quali bisogna
ricordare : " 'O voto ", " Assunta Spina ",
" 'O mese mariano ". Studioso appassionato delle cose di
Napoli, scrisse della storia, dell'arte e dei costumi napoletani in
moltissimi articoli e libri. Fra questi vanno citati almeno : " La
prostituzione a Napoli nei secoli XV, XVI, XVII " del 1899, la
bellissima monografia " Vincenzo Gemito, la vita, l'opera " del
1905 e " Storia del teatro San Carlino " del 1918.
Di Giacomo sposò, nel
1916, Elisa
Avigliano,
una studentessa di quasi vent'anni più giovane di lui, conosciuta in biblioteca
undici anni prima. Fu nominato accademico d'Italia nel 1929, dopo che nel
1924 era stata bocciata la sua candidatura al Senato. Morì a Napoli
il 5 aprile 1934.
La fortuna critica del poeta Salvatore Di Giacomo
comincia con Benedetto
Croce
che gli dedica, nel 1903, un importante saggio sulla " Critica
". Tuttavia, nonostante il Croce,
il Russo,
il De Robertis,
il Flora,
fa notare Sergio Romagnoli
nel suo bel saggio sul poeta ( Antologia della letteratura italiana,
Rizzoli editore ), ancora non si è arrivati a comprenderne fino in fondo la
grandezza. E' certo che Salvatore Di Giacomo,
al di là dell'angustia e della stucchevolezza di improbabili etichette, rimane
uno dei più importanti lirici europei dell'Ottocento-Novecento. Lirico nel
senso melodico per la musicalità e la bellezza formale del verso e nel senso
primordiale per la semplicità e la chiarezza dei temi trattati. Poesia
universale, quindi, totalmente al di fuori di ogni bozzettismo, vero o presunto,
della poesia dialettale. Sarebbe interessante, a questo punto, fare uno studio
comparativo fra l'opera poetica digiacomiana e quella di alcuni poeti europei
dello stesso periodo. C'é, per esempio, una singolare affinità fra le " Ariette
e sunette " del poeta napoletano e le " Arias tristes "
di Juan Jimenez. In
molti casi le Ariette hanno in comune con le Arias i bellissimi
settenari della metrica e, talvolta, temi ed immagini. Nel vicolo napoletano Di
Giacomo dice: "Nu'
pianefforte 'e notte/ sona, luntanamente,/ e 'a museca se sente/ pe ll'aria
suspirà ". Alla stessa ora il suono di un pianoforte risuona nel patio
spagnolo di Jimenez
: " Y sonarà ese piano/ como en esta noche placida/ yo no tendrà quien
lo escuche/ pensativo, en mi ventana./ Viene una musica, languida/ no sé de
donde, en el aire ". ( E suonerà quel piano/ come in questa notte
placida/ e non avrà chi lo ascolti/ pensoso, alla mia finestra/ Viene una
musica languida, non so da dove, nell'aria ). Nell'aria della poesia,
attraversata da un sentimento delle cose e della vita e del tempo, che è spesso
uguale, senza alcun limite di lingua e nazionalità. All'opera poetica
digiacomiana ha sempre arriso un grande successo editoriale; dalle "Poesie",
edite per la prima volta da Ricciardi
nel 1907 con la prefazione di Croce, alla
edizione mondadoriana, delle " Le poesie e le novelle ", "
Il teatro e le cronache " a quella recentissima della New Compton
del " Tutto Di Giacomo" in edizione economica.
La caratteristica più saliente dell'arte del Di Giacomo consiste in un dilatarsi del pensiero oltre il limite
della realtà, in un echeggiare dell'anima oltre il grido della propria
passione, in un riflettersi della natura in noi, in un guardare dentro il cuore
del mondo e delle persone attraverso il nostro cuore. Un'umanità umile,
semplice, eterna, palpita e vive in tutta l'arte di Di Giacomo,
nella trasfusione spirituale ed emotiva tra l'oggetto e il soggetto, tra la vita
e il cuore, è il segreto della sua poesia, che non avrebbe potuto acquistare
valore universale, così chiusa com'é entro il cerchio ristretto della sua città
e del suo ambiente, se non avesse avuto vibrazioni e significati di carattere
profondamente umano che varcano i limiti del luogo e del tempo.