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Goway.it - Cinema - Il gladiatore

IL GLADIATORE

Trama: Siamo in un momento critico per il futuro dell'Impero Romano: il popolare, stimatissimo generale Maximo viene ingiustamente accusato di un crimine da Commodus, il figlio dell'Imperatore Marco Aurelio che teme possa in futuro spodestarlo, e condannato ai giochi dei gladiatori. Ma Maximo diventa ancora più popolare come gladiatore e Commodus sarà costretto ad affrontarlo faccia a faccia...

 


Note:
Un progetto coraggioso e ambizioso, la rinascita di un genere come il Kolossal sull'antica Roma che era praticamente scomparso fin dalla seconda metà degli anni '60. Un budget imponente di ben 103 milioni di dollari, dedicato gran parte agli effetti digitali e alla ricostruzione di scenografie meravigliose. Un regista geniale come Ridley Scott, che dopo un inizio fulmineo con un trittico da storia del cinema ("I duellanti", "Alien" e "Blade Runner") si era via via appannato con il trascorrere degli anni, e che, soprattutto, non riscuoteva un successo al botteghino da dieci anni, con "Thelma e Louise".

Anche se il cast era una perfetta mescolanza di vecchie glorie e giovani leoni, il film almeno sulla carta poteva indurre a delle perplessità, a partire dal regista, dal soggetto non proprio nuovo e dalla sua durata (più di due ore e mezza). Invece fin dal travolgente inizio veniamo catapultati in questo meraviglioso affresco, dove arte e intrattenimento si mescolano quasi perfettamente. Un film spettacolare adatto al grande pubblico, che possiede tutte le caratteristiche e le cifre di un grande regista.

Il primo paragone che viene alla mente è, con le dovute distanze, il Kubrick di "Spartacus". Finalmente, dopo quasi vent'anni: bentornato Ridley.


Bloopers ed errori tecnici:
Subito dopo che il Generale Massimo era stato convocato da Marco Aurelio, che avrebbe voluto farlo nuovo protettore di Roma, Massimo si incontra con Augusta Lucilla, la quale gli dice di avere un figlio di 8 anni, tale Lucio Vero (come si presenterà poi il bimbo stesso, nell'arena)... ecco, se il bimbo, come il film ci mostra, è figlio dell'imperatore Lucio Vero, morto nel 169 ac, come fa ad avere 8 anni nell'anno della morte di Marco Aurelio ovvero nel 180 ac.

Prima della battaglia iniziale, quando i barbari si affacciano dalla foresta, alcune inquadrature mostrano ben visibili freccie bianche piantate su terreno e sugli scudi, questo prima che le stesse vengano scoccate dagli arcieri romani.

I nomi dei gradi gerarchici militari sono improvvisati, per non parlare poi dei proiettili incendiari della battaglia in Germania all'inizio del film. Che venissero utilizzati proiettili incendiari è sicuro, ma di certo essi non erano costruiti in metallo, non esplodevano al contatto col suolo come una batteria di missili, e non venivano utilizzati contro un esercito di fanteria (o cavalleria che fosse; al limite contro una flotta, o contro altre macchine da guerra); questo perchè appunto il loro scopo era di incendiare, e non di far saltare in aria i nemici.

Nella scena della battaglia, i romani fanno quadrato per difendersi dalle frecce dei Germani, fin qui tutto bene, ma si vede anche che reggono il giavellotto chiamato per l'appunto "pilum" come una lancia accanto allo scudo, non funzionava così. I Romani avevano una macchina bellica imponente, il pilum era solo un giavellotto da lancio, doveva essere scagliato e conficcarsi, se non nel malcapitato, per lo meno nello scudo rendendone impossibile l'agevole uso: due pilum nello scudo e lo devi lasciar cadere per terra.

Le divise dei pretoriani hanno un colore mai utilizzato nell'esercito romano, inoltre a quei tempi i vestiti colorati erano un lusso in quanto il colore (di solito il rosso porpora) veniva estratto da conchiglie e per tingere una tunica ce ne volevano molte. Nel film invece si vedono tante tuniche colorate e non solo di porpora, anche addosso ai meno abbienti.

La battaglia iniziale vede risolutivo l'uso della cavalleria, peccato che, essendo privi di staffe, i cavalieri non potevano essere impiegati per un combattimento in una foresta.

Invece di "Roma Victor" Massimo dovrebbe gridare "Roma Victrix".

Quando l'imperatore va sul campo di battaglia a congratularsi col generale Massimo, si vede chiaramente alle sue spalle che un cavallo sdraiato per terra, forse per simularne o il ferimento o la morte, si rialza di scatto ed ha una zampa legata con una corda che viene tesa dall'animale, evidentemente per farlo restare a terra.

La mattina dopo la battaglia in Germania, Massimo gira a cavallo fra le truppe. Fra di essi e' visibile una persona con una maglietta e dei pantaloni blu, direi bluejeans.

Durante il combattimento nel Colosseo, quando viene riproposta la battaglia tra Annibale e Scipione, una donna ammazzone, nelle schiere dei Romani, utilizza una balista che spara dardi a ripetizione. Quell'arma non e' ancora stata inventata in quel secolo e risale al medioevo.

Lucio Vero, il bambino che si presenta a Massimo, e' anche il nome dell'imperatore che divide il potere con Marco Aurelio, sino al 169 d.C. Commodo, figlio di Marco Aurelio, secondo gli storici e' un inetto. Sfugge nel 182 ad una prima congiura, ma nel 192 viene ucciso in un'altra congiura contro di lui.

Quando Massimo subisce la deportazione, giunge nella provincia romana dello Zucchabar, che per inciso non e' mai esistita, caratterizzata da paesaggi aridi o desertici, cosi' come siamo abituati ad immaginarci il Marocco o la Libia. In realta' nel II secolo la costa nordafricana era una specie di giardino felice, disseminato di piantagioni e colture, tanto da rappresentare una sorta di "granaio" del Mediterraneo. La colonia e' poi rappresentata (anfiteatro a parte) come una specie di villaggio arabo. Peccato che gli arabi non metteranno piede da queste parti almeno per altri quattrocento anni.

Nella scena di Commodo sulla terrazza all'alba e con colori suggestivi sul giallo-arancione, si nota un affascinante panorama di Roma che, forse nell'immaginario americano sarà molto affascinante, peccato che sulla destra si nota il cupolone di S.Pietro che, ovviamente, nella Roma imperiale non era ancora stato costruito. Inoltre si nota una profusione di cupole delle più diverse una addirittura ricorda quella del Brunelleschi del Duomo di Firenze (sulla sinistra). Ma non è finita: sono anche evidenti almeno due colonne con due angeli alati svettanti sulla cima, caratteristica e tipica arte rinascimentale e quindi, anacronistiche.

Per pubblicizzare gli spettacoli gladiatori nella provincia araba dove il nostro eroe è imprigionato vengono diffusi dei volantini con una scritta "Gladiatores violentia" seguita da dei disegnini di soldati che si combattono. Posto che l'uso di volantini nell'antica Roma è quanto meno da dimostrare, che l'uso di disegnare su papiro o pergamena (in tante copie, poi) è anacronistico, che la grammatica di "Gladiatores violentia" è incomprensibile e che una frase del genere non sarebbe mai stata scritta da un antico romano, il papiro e la pergamena (ovviamente la carta non esisteva) erano merce piuttosto pregiata, e di certo non sprecati per pubblicizzare un gioco di gladiatori specialmente in una povera provincia nordafricana, al limite l'uso corrente era di scriverlo sui muri.

Commodo entra armato nel senato: l'uso delle armi era vietato all'interno del pomerium (la cinta delle mura).

La frase che Massimo ad un certo punto dice di aver rivolto al figlioletto morto, nell'al di là, in cui gli ricorda di tenere giù i talloni quando cavalca, non e' verosimile, perché all'epoca non esistevano le staffe, che giustificano la regola dei "talloni giù". E infatti nel film, o meglio in una foto presente nella gallery del sito dedicato, risulta che i romani del set montavano con le staffe, e si vede, anticipando il loro utilizzo di svariati secoli.

'Il gladiatore' aiuta Marco Aurelio (passata la battaglia) a salire in sella chinandosi come per sistemargli i piedi nelle staffe. Come gia' accennato prima l'uso delle staffe e' sconosciuto ai romani. Ridley Scott ha di che consolarsi, in un simile errore e' caduto persino Stanley Kubrick nel film Spartacus.

Quando Massimo si ferisce alla spalla, si vede piu' volte un tatuaggio raffigurante la scritta "SPQR": un ufficiale romano non si tatuava, dato che era considerata una cosa da barbari.

Nella versione inglese, mercante di schiavi è chiamato Proximo, e non Proximus come avrebbe dovuto (come Commodus, Marcus Aurelius etc.). Questo perchè in una scena si vede che nella spada di legno che l'imperatore gli consegnò per regalargli la libertà c'è scritto "Proximo" in dativo, cioè "A Prossimo"... forse gli sceneggiatori non conoscevano l'uso delle declinazioni latine.

Gran parte delle scritte epigrafiche sono errate: per esempio all'ingresso del Colosseo si legge Dum stabit Colosseum stabit et Roma, frase senz'altro ad effetto (significa 'Finche' ci sara' il Colosseo ci sara' Roma'), peccato che l'abbiano inventata nel Medioevo. Ancora all'ingresso del Colosseo appare questa scritta: Ludus Magnus gladiatores, beh, l'ultima parola dovrebbe essere al genitivo (gladiatorum). Infine un'iscrizione sul trono di Marco Aurelio riporta: M. AVRP P., la frase non ha senso, dovrebbe essere 'M. AVR. P. P.', che sviluppata da' M(arcus) AUR(elius) P(ater) P(atriae).

Nel film si fa riferimento piu' volte ad un accampamento nei pressi di Ostia. Questo e' impossibile, non era consentita per nessun motivo la presenza di legionari sul territorio italiano dal rubicone in giù, e' infatti quando Cesare lo varca scoppia una guerra civile, le uniche truppe erano i pretoriani e la II legione ad Albano.

Alla fine del combattimento nell'arena con le tigri, Massimo spinge a terra il suo avversario con un piede; l'inquadratura successiva mostra la caduta del gladiatore dalle sue spalle, e si può notare che la sua maschera si alza dal viso per il colpo in terra. Ma è di nuovo Massimo ad sollevarla con l'arma nell'inquadratura successiva.

A piu' riprese i personaggi del film utilizzano il termine "Colosseo", questo termine pero' nasce solo nel medioevo, per indicare un edificio del quale non si comprendono piu' ne' l'antica funzione ne' gli esatti realizzatori. Il termine giusto sarebbe stato "Anfiteatro Flavio" o, piu' semplicemente, "Anfiteatro Massimo".

La cicatrice sul volto di Tigre, il gladiatore con la maschera, cambia posizione.

Nella scena del secondo combattimento di gladiatori in Africa, si assiste ad un'ecatombe di gladiatori. In realtà il gladiatore professionista è una risorsa preziosa per l'imprenditore che organizza i giochi e la sua morte una catastrofe finanziaria. La morte era un incidente infrequente: a morire erano di solito schiavi e condannati "mascherati" da gladiatori; e di certo una strage di quelle dimensioni non sarebbe avvenuta in arene provinciali e decentrate per un centinaio di spettatori come si vede in quelle scene.

Nel film il gladiatore viene chiamato spesso "Ispanico", in quanto proveniente dalla Spagna, ma in realta dovrebbe essere chiamato Iberico in quanto all'epoca la Spagna (cosi' come viene chiamata oggi) non esisteva ancora.

Quando Massimo e Commodo si parlano e Massimo é "crocifisso" lui ha un livido sotto l'occhio sinistro. Ma misteriosamente quando combattono poco dopo nell'arena il livido é sparito.

Quando Massimo é steso per terra, morto, nel primo piano del suo volto si notano chiaramente le arterie carotidi ai lati del collo pulsare. La scena seguente ci mostra Lucilla parla ai soldati, poi l'inquadratura, ritorna su Massimo steso e dietro la sua testa compare una specie di cuscino, che prima non c'era, rivestito di sabbia, affinché non si noti.

Nell'ultima scena, quella dell'alba, dietro al Colosseo si nota il lago della Domus Aurea, e questo e' impossibile in quanto il bacino fu prosciugato e riempito proprio per ricavare il basamento su cui fu edificato il Colosseo.